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Covid, allarme terapie intensive in Italia

Terapie intensive sotto pressione in tutta Italia per il Coronavirus. "E' un quadro in peggioramento" dice all'Adnkronos Salute Alessandro Vergallo, presidente nazionale Aaroi-Emac, il sindacato dei medici di anestesia e rianimazione, che fa il punto sulla situazione dei reparti di rianimazione. "Si registra un'accelerazione in negativo rispetto scorse settimane. E pur senza raggiungere i picchi ripidi che si erano verificati nella prima ondata, sta assumendo un andamento preoccupante". "In questo difficile anno - sottolinea - sono state messe, da parte nostra, tutte le possibili 'pezze' per far fronte alla pandemia nei nostri reparti. Come rinuncia alle ferie, riposi saltati. I medici delle terapie intensive sono estremamente provati da tutto questo super lavoro che c'è stato e che non accenna a diminuire".

A fronte "del fattore positivo rappresentato da una maggiore conoscenza del virus e su come trattare i pazienti nelle rianimazioni - aggiunge Vergallo - la nuova ondata si sta abbattendo su una popolazione di professionisti estremamente provati. Che hanno fatto sacrifici anche nella vita privata, sacrificando molto tempo al lavoro, senza avere sostegni per questo".

"Mentre all'inizio dell'istituzione delle zone a colori c'era una maggiore attenzione da parte dei cittadini, adesso vediamo un allentamento nel seguire le regole. Ci chiediamo se questa metodica abbia ancora un senso. A meno di non rafforzarla con sanzioni, che invece possono funzionare". "Rispetto alle 'zone colorate' - spiega Vergallo - la risposta della popolazione alle misure di contenimento è stata rispettivamente, per ciascun colore, più blanda rispetto alle prime fasi in cui sono state create queste zone. Vediamo un ammorbidimento, non nella parte normativa ovviamente, ma in quella applicativa da parte delle persone". Inoltre, "nei contagi che i colleghi vedono in tutta Italia e che poi portano i pazienti in rianimazione - osserva - nella raccolta dei dati anamnestici salta fuori sempre più spesso la presenza di più comportamenti a rischio. Oggi non siamo di fronte a contagi casuali, per un solo caso sfortunato. Non si tratta, per essere chiari, solo della partecipazione a una festa o un singolo incontro: quello che osserviamo sono spesso più comportamenti a rischio ripetuti".

Preoccupazione condivisa anche da Flavia Petrini, presidente della Società italiana di anestesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti). "Dall'Abruzzo, che ho diretto fino a poco tempo fa, a Modena, a Milano senza dimenticare tutti gli altri territori colpiti - dice all'Adnkronos -, purtroppo nelle terapie intensive stiamo assistendo a un aumento dei ricoveri, a un abbassamento dell'età dei ricoverati e a nessun segnale che interrompa la seconda ondata: scivoliamo dalla seconda alla terza ondata senza un sufficiente alleggerimento dei reparti di anestesia e rianimazione".

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"In molte città - racconta Petrini - come hanno dichiarato i colleghi dei centri più colpiti, si è costretti a riattivare i posti destinati alla routine per pazienti Covid. E quindi a interrompere, nuovamente, le attività chirurgiche in elezione. Questo non è un bel segnale per la tenuta del sistema. Mi allineo totalmente alla preoccupazione del ministro Roberto Speranza e ovviamente alla preoccupazione espressa dal Cts". Petrini ha spiegato che quotidianamente "mi confronto con i colleghi e non posso che recepire la loro preoccupazione. Dirigo una società che sta sacrificando tutte le attività, rovesciando tutto il personale sulle aree di terapia intensiva. Non è normale. Sono preoccupata".

"Nelle zone rosse non c'è lo stesso rigore che abbiamo tenuto nel lockdown iniziale. Le persone sono stanche e questa stanchezza ha sfibrato la loro reattività. Ora, però, è fondamentale il contenimento del contagio che si può ottenere solo con il rigore della popolazione, anche dove le zone non sono rosse. Perché il contenimento spetta a tutti noi". "Anche la capacità di reagire degli operatori delle terapie intensive è francamente messa dura prova perché non c'è stata requie. Tutti dovrebbero fare la propria parte non dimenticando il sacrificio degli operatori sanitari".